Home / Blog / Testimonianze/ Una testimonianza dal sapore multiculturale
Ecco la testimonianza di Robin L. Danzak, educatrice e ricercatrice che ha conseguito il Master in Linguistica (spagnolo) presso l’Università di Concepción, Cile e il suo Ph.D in Scienze della Comunicazione all’Università del Sud della Florida. Ha pubblicato numerosi articoli sul linguaggio bilingue e sull’alfabetizzazione.
Ha svolto molto del suo lavoro negli Stati Uniti in sostegno degli immigrati e dei figli degli immigrati. E grazie alle sue esperienze all’estero – dichiara lei stessa – ho imparato altre lingue, e sento un legame speciale con queste comunità.
Leggendo la sua testimonianza ci pare di poter ravvisare il suo profondo desiderio di essere protagonista di quel processo dinamico d’integrazione fra la dimensione personale e quella professionale.
Lasciamo che sia Lei a parlare della sua esperienza presso la sede del VIDES VENETO dove ha frequentato un corso per imparare la lingua italiana.
Ci sono molte organizzazioni a Padova, città sorprendentemente multiculturale che offrono classe di italiano gratuito per stranieri (stranieri, come me).
Ho deciso di frequentare una classe d’italiano e devo confessare che il mio primo giorno da studente è stato piuttosto faticoso perché ero come stordita per l’emozione di fare nuovi incontri, ma la sensazione di trovarmi nel posto giusto al momento giusto mi rendeva davvero felice.
I corsi d’italiano sono gestiti da un’organizzazione religiosa chiamata VIDES VENETO con una specifica missione che sintetizzerei con un’unica parola: “accoglienza”, che più o meno suona così: “far sentire la gente come a casa propria”. Perché come qualcuno ha detto “la tua casa non è dove si trova il tuo divano, dove la tua Wi-Fi si connette automaticamente, dove ci sono tutte le tue cose. La tua casa è dove sei felice, dove stai bene e dove ti piace essere”.
Le lezioni sono completamente gratuite e vengono impartite da un gruppo di tutor volontari madrelingua mentre il coordinamento è affidato alle Figlie di Maria Ausiliatrice di Padova, impegnate nell’ambito della promozione e della protezione dei diritti umani.
Ho conosciuto una favolosa realtà che non conoscevo prima e che si chiama Vides e ho avuto modo di apprezzare la competenza delle persone che vi lavorano e che trovo estremamente dolci, molto disponibili e gentili con tutti. Apprezzo il loro essere esempio e modello di educazione interculturale, la loro disponibilità al dialogo e all’accoglienza delle diversità a vari livelli, nonché la forza d’impegnarsi nel raggiungimento di un difficile ma possibile equilibrio tra “valori universali e diritti specifici” delle persone immigrate.
Un mondo colorato, allegro, divertente quello del VIDES VENETO che attraverso un ventaglio di eventi, celebrazioni, iniziative, workshop, laboratori interculturali e di scrittura autobiografica e attraverso il teatro sociale riesce a trasmettere emozioni, idee e valori, c’invogliano a conoscere un’altra cultura e ad incontrare gente simpatica e ospitale, persone entusiaste e fortemente motivate.
Mi è piaciuto tantissimo l’approccio educativo salesiano, pronto a misurarsi con le nuove sfide storiche e con i travagliati mutamenti culturali. Il cuore pulsante di don Bosco continua a battere nel cuore dei suoi figli.
Un’esperienza singolare è stata la festa conclusiva del corso d’italiano, un grande esempio di multiculturalismo e multilinguismo, come “asse portante dell’integrazione”.
Il primo evento cui ho partecipato, è stato la consegna, tra gli applausi dei partecipanti e dei volontari VIDES lì presenti, dei certificati di frequenza e di completamento dell’intero corso di italiano a circa 50 studenti. Il numero complessivo degli iscritti, provenienti da diversi paesi dell’ Africa, dell’Asia e dell’America Latina, e ora anche dagli Stati Uniti (ed io sono tra questi), era di 270 studenti.
Subito dopo la cerimonia di consegna degli attestati, c’è stata una serata all’insegna della multiculturalità. Chi avrebbe mai pensato di ascoltare musica andina nel nord Italia? Certamente non io, eppure il primo numero della serata è stato una danza tradizionale peruviana, con costumi e musica andina. Bellissima! E le sorprese non sono ancora finite perché ho perfino conversato in spagnolo con uno dei ballerini. E quanta fatica, amici miei, per il mio cervello che riusciva a mala pena a distinguere lo spagnolo dall’italiano!
E poi cosa dire del gruppo di giovani provenienti dal Togo e della bella ragazza delle Filippine con un abito di pizzo bianco e un fiore appuntato su un lato dell’acconciatura cantare una ballata in Tagalog, una delle lingue principali delle Filippine, seguita da una canzone popolare statunitense?
Immaginate un rifugiato in fuga da una situazione d’incubo che arriva in Italia completamente solo, senza punti e luoghi di riferimento, reti amicali e familiari? Ben presto, però, scopre di non essere solo perché c’è un’organizzazione che lo accoglie, che gli dà il “benvenuto”, (la mia parola preferita) che gli permette di partecipare non solo a un corso di lingua, ma lo introduce nell’ambito delle piccole iniziative di teatro, di musica, d’intercultura e gli fornisce alcuni strumenti utili per partecipare ad attività didattico/formative. Non posso parlare del governo italiano, ma per quanto riguarda le organizzazioni umanitarie, come il VIDES, posso dire che l’accoglienza è la chiave che apre alla speranza, che spalanca verso orizzonti di coinvolgimento umano e d’integrazione. Essere benvenuti… Partecipare … imparare … insegnare … relazionarsi … . In queste parole c’è veramente tutto.